di Claudia Viggiani

Ho sempre provato una grandissima emozione ad entrare nell’Aula gotica dei Santi Quattro Coronati.
Forse perché a Roma siamo tutti così tanto abituati al bello, all’eccesso di testimonianze storiche, alle innumerevoli meraviglie che il tempo ha lasciato quasi inalterate, che non ci stupiamo più, se non di fronte a qualcosa di superbo.
Non sono solo i dipinti sulle pareti, la vastità del ciclo e l’imponente architettura della grande Aula gotica a lasciarmi senza parole ogni volta. Ad emozionarmi è la storia che lega in maniera indissolubile la città a questo luogo, unico nel suo genere. L’area sulla quale sorge il Complesso dei Santi Quattro è infatti da sempre legata al Celio, uno dei sette colli di Roma, situato in posizione piuttosto decentrata, lontano dal resto della città e pertanto escluso dalla cinta delle mura repubblicane, costruite all’inizio del IV seco a.C.
Nel III secolo a. C. nei pressi del Complesso dei Santi Quattro, il cosiddetto Coelius minor, era stato eretto un tempietto dedicato a Minerva Capta (Minerva Prigioniera), il cui culto, introdotto da Falerii, è attestato da una statuetta di Minerva in alabastro, probabilmente un ex voto, rinvenuta nel 1926 nei pressi della chiesa stessa.
In un periodo compreso tra il I e il II secolo d.C. la vocazione del colle cambiò e al posto dei santuari furono costruite abitazioni, più o meno di prestigio, a seconda della posizione panoramica delle stesse.
Sotto il Complesso dei Santi Quattro è sicuramente conservato ciò che rimane di un edificio di epoca imperiale, dotato nel IV secolo di un ambiente termale, forse proprietà di un ricco senatore o di un esponente della famiglia imperiale stessa
Alla fine del V secolo, in una sala absidata della residenza si impiantò un primitivo luogo di culto, un Titulus dedicato ai Santi quattro coronati, secondo la tradizione, martiri condannati a morte all’inizio del IV secolo, durante le persecuzioni di Diocleziano.
Nei secoli successivi, ed in particolar modo tra il IX e il XIII secolo, il complesso architettonico dei Santi Quattro Coronati, assunse le forme attuali, divenendo una vera e propria fortezza in grado di assolvere anche alla funzione militare di naturale roccaforte difensiva della sede papale di San Giovanni in Laterano.
Dal XVI secolo è in parte abitato dalle suore agostiniane di clausura, fedeli e consapevoli custodi di un ingente patrimonio culturale, che viene mostrato al pubblico solo alcuni giorni del mese grazie all’associazione Contesti che ne gestisce le aperture.

L’Aula Gotica e Stefano Conti
La grande sala, detta ‘gotica’ dalla forma delle volte a sesto acuto che la ricoprono, è tuttora nascosta al primo piano della torre maggiore del complesso palaziale del cardinale Stefano Conti, figlio di una tale Luciana e di Riccardo, discendente dall’antica famiglia baronale romana, a sua volta fratello di Lotario, eletto papa nel 1198 con il nome di Innocenzo III.
Fu proprio Stefano – quello Stefanus Comes del quale abbiamo notizie a partire dal 1208, anno in cui, molto probabilmente, si trovava a Bayeux in Francia, per motivi di studio – a promuovere la decorazione del grande salone destinato ad accogliere gli illustri ospiti e all’amministrazione della giustizia.
Il giovane rampollo della famiglia Conti, tradizionalmente discendenti dai conti di Segni, città situata su una propaggine dei Monti Lepini verso la valle del Sacco, dovette viaggiare molto in Europa, in particolare in Inghilterra a Leighton, dove risultano rendite a suo nome nel 1213 e in Francia, a Parigi dove fu canonico della Cattedrale di Notre-Dame in un periodo imprecisato.
Nominato cardinale nel 1216 dallo zio Innocenzo III, negli anni seguenti Stefano ebbe numerosi compiti nell’amministrazione giudiziaria della Curia e nel governo del Patrimonio di San Pietro; nel 1228 divenne cardinale titolare di Santa Maria in Trastevere e dal 1233 svolse l’attività di uditore curiale, vale a dire di giudice.
Da quel momento in poi la sua carriera fu sempre in costante ascesa, in particolar modo dal 1245 anno in cui il papa Innocenzo IV, al secolo Sinibaldo Fieschi dei Conti di Lavagna, – costretto a lasciare Roma per rifugiarsi a Lione dove ebbe poi luogo il concilio che pose fine più alla più che trentennale lotta fra il papato e l’imperatore Federico II – lo nominò vicario pontificio, incarico che mantenne sino al 1251.
Proprio in questi anni Stefano Conti dovette dare l’avvio ai grandiosi lavori di ristrutturazione, ampliamento e decorazione del palazzo cardinalizio dei Santi Quattro Coronati, che fu trasformato in un lussuoso palazzo fortificato, molto probabilmente già prima del 1244, anno in cui egli emise la sua prima sentenza Rome apud ecclesiam Sanctorum Quatuor Coronatorum e il 1254, anno della sua morte.
L’imponente nuovo palazzo baronale, che dominava la Via maior, l’asse stradale di fondovalle che collegava il centro della città e il Vaticano al nuovo polo urbanistico rappresentato dai palazzi lateranensi, fu dotato di torri e di altre strutture difensive affinché potesse diventare una residenza sicura, con funzioni prettamente difensive.

Santi Quattro Coronati, Roma

La nuova dimora della famiglia Conti doveva essere quindi un piccolo castello, dall’aspetto imponente, dotato di tutti i servizi e di ogni comodità all’altezza del ruolo sociale e politico del proprietario; con ambienti pubblici e privati e la chiesa dei santi Quattro Coronati inglobata al suo interno; due ampi cortili permettevano alla luce di propagarsi nelle varie camere che vi si affacciavano mentre un’elegante loggia collegava l’ala sud della proprietà all’ala nord del palazzo con la torre principale, occupata dai membri della famiglia Conti. Nella residenza sicuramente erano presenti anche le stalle, i magazzini, una cucina con forno e le cantine dove si conservavano le provviste.
Non potevano mancare un grande salone di rappresentanza, destinato sia ai ricevimenti, sia all’amministrazione della giustizia, e una cappella privata: l’Aula Gotica appunto e l’Oratorio di san Silvestro, sito al piano terra.
Il ciclo pittorico del grande salone, o aula gotica, fu realizzato negli stessi anni in cui fu decorata la cappella privata, all’interno della quale gli affreschi, datati 1246, documentano la nascita del potere temporale della Chiesa con la donazione dell’imperatore Costantino a papa Silvestro.
Gli affreschi dell’aula gotica, posta al primo piano della torre nord, offrono al visitatore una visione unica della concezione politica, cosmologica e teologica dell’epoca, vale a dire degli ultimi e più aspri anni dell’era federiciana, quando la Chiesa volle affermare a tutti i costi il suo potere temporale.
Sono una rappresentazione della natura limitata dell’uomo e della funzione insostituibile della Chiesa nell’indirizzarlo e governarlo.
Le scene dipinte sulle pareti e sulla volta della prima campata alludono alla vita terrena e alla difficoltà incontrate dall’uomo durante la sua esistenza, scandita dal passaggio delle stagioni e delle sue attività. Sulle pareti sono rappresentati i dodici Mesi dell’anno, sovrastati dalle Arti del Trivio e del Quadrivio; i Vizi sono raffigurati negli spazi di risulta tra le arcature, al di sopra delle quali corre una bellissima trabeazione con uccelli. Su gli angoli della volta, al di sopra di esili colonne e capitelli dipinti, sono quattro Telamoni e nei pennacchi le quattro Stagioni al di sopra delle quali sono i Venti che le caratterizzano. La decorazione della volta, in gran parte perduta, è scandita da tre cerchi concentrici nei quali sono raffigurati – dall’esterno verso l’interno – un Paesaggio marino, i Segni zodiacali e le Costellazioni.

Mese di Maggio, Aula Gotica, Complesso dei SS. Quattro Coronati, Roma

Mese di Maggio, Aula Gotica, Complesso dei SS. Quattro Coronati, Roma

Le immagini presenti sulle pareti nella seconda campata celebrano la vita spirituale e la glorificazione della Chiesa attraverso le Virtù e le Beatitudini, raffigurate come donne in abiti militari che portano sulle spalle personaggi dell’antico e del nuovo testamento che si sono distinti nell’esercizio delle stesse. Ai piedi delle figure allegoriche delle virtù e delle beatitudini sono invece raffigurati, sempre in sembianze umane, i Vizi, opposti alle Virtù e personaggi storici, conosciuti per il medesimo vizio.

Autunno, Aula Gotica, Complesso dei SS. Quattro Coronati, Roma

Autunno, Aula Gotica, Complesso dei SS. Quattro Coronati, Roma

Al centro della parete nord, in fondo alla sala, entrando dall’ingresso attuale, è rappresentato Salomone che amministra la giustizia, chiaro riferimento all’attività svolta dal giudice Stefano Conti.

Il programma iconografico prosegue nel registro superiore della campata, con la raffigurazione a ovest di Mitra che uccide il toro, allusione forse alla vittoria del cristianesimo sul “male”; a nord di due figure maschili, probabili personificazioni della Fertilità e dell’Abbondanza; ad est dei due carri del Sole e della Luna, espressioni del trionfo di Gesù e della Chiesa di Roma e quindi del papa sull’imperatore Federico II di Svevia.
Il ciclo pittorico è frutto della collaborazione di un nutrito gruppo di artisti, in parte già attivi, nella prima metà del XIII secolo, nella Cappella di San Gregorio al Sacro Speco di Subiaco e nella Cripta del Duomo di Anagni, città dalla quale proveniva la stessa famiglia di Stefano Conti. Tra le figure di spicco che operarono nell’Aula Gotica sicuramente si può annoverare un seguace di Giunta Pisano, artista documentato a Roma nel 1239, con un suo garzone (di “Magistri Juncte”). La presenza di Giunta Pisano a Pisa tra il 1241 e il 1254 lascia ipotizzare che il pittore possa avere inviato a Roma i cartoni preparatori per la decorazione della sala.

Amor celeste, dettaglio, Aula Gotica, Complesso dei SS. Quattro Coronati, Roma

Amor celeste, dettaglio, Aula Gotica, Complesso dei SS. Quattro Coronati, Roma

Secondo quanto affermato da Andreina Draghi, gli affreschi dell’Aula gotica documentano una vasta cultura, eterogenea ed internazionale, con espliciti riferimenti, al classicismo romano e alle espressioni artistiche dell’Ile de France, rielaborati in immagini di grandissima forza espressiva e con soluzioni compositive di grande raffinatezza e ricercatezza tecnica, riscontrabili nell’utilizzo dell’azzurrite per i fondi, negli scorci arditi di alcune figure e nella spettacolare soluzione dei Talamoni dipinti sull’angolo della prima campata.

Il salone era raggiungibile attraverso sei porte tra le quali la più importante doveva essere quella posta nell’angolo a nord-ovest, collegata molto probabilmente ad una scala posta all’esterno di uno dei due cortili. L’illuminazione era invece garantita da finestre di differenti dimensioni poste su più livelli, mentre gli affreschi erano rischiarati dalla luce che penetrava dai cinque oculi aperti nella parte alta delle pareti. Questi oculi presentano ancora oggi strombature diverse tra di loro, che lasciano intendere che si volesse indirizzare la luce naturale su alcuni specifici soggetti raffigurati sulle pareti, in modo che fossero così messi maggiormente in risalto.

Bibliografia essenziale

Lia Barrelli, Il complesso monumentale dei SS. Quattro Coronati a Roma, Viella 2009, Roma.
Andreina Draghi, Gli affreschi dell’aula gotica nel monastero dei Santi Quattro Coronati. Una storia ritrovata, Skira 2006, Milano.
Lia Barelli, Mara Falconi, Il palazzo cardinalizio dei SS. Quattro Coronati a Roma al tempo di Federico II, 2000, in Cultura artistica, città e architettura nell’età federiciana, Comitato Nazionale per le Celebrazioni dell’VIII Centenario della Nascità di Federico II, a cura di Alfonso Gambardella, Roma, pp. 279-291.
Filippo Coarelli, Il tempio di Minerva Capta sul Celio e la domus di Claudio, in RPAA, 70, 1997-1998, pp. 209-218.

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