di Claudia Viggiani

Era così tanto famosa Simonetta Vespucci da ispirare, nove anni dopo la sua morte prematura, l’aspetto della Venere di Botticelli, il capolavoro assoluto dell’arte rinascimentale fiorentina.
Vedere i suoi occhi vale il viaggio a Firenze. E così parto e vado agli Uffizi.
La Galleria è smisuratamente ricca, più ricca di tutte le persone che hanno le più grandi disponibilità economiche del mondo.
Ovunque io mi giri, vedo un capolavoro inestimabile che nessuno potrebbe comprare.
Innanzitutto perché questa è una raccolta pubblica italiana, inalienabile e tutelata dallo Stato, che la preserva con cura per mostrarla al mondo intero.
Cammino nel museo per raggiungere Simonetta e, con me, si muove tutto lo splendore delle opere visibili nelle sale che percorro. Sono bellezza pura, alta e rara; una bellezza che mi segue e mi avvolge con un senso di maestoso che mi fa dimenticare di respirare.

Venere di Botticelli

Sandro Botticelli, Nascita di Venere,
1482–1485 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

Sono arrivata di fronte alla grande tela di Botticelli, prendo fiato e, per trenta secondi, osservo i volti dei visitatori che stanno condividendo con me questa esperienza.
L’imponente dipinto cattura l’attenzione ma devo rimanere concentrata per non essere distratta dalle altre opere che sono esposte in questa stanza.
Simonetta Vespucci è morta a 23 anni, il 26 aprile 1476, per colpa della tisi.
Era bella Simonetta. Si narra che fosse la più bella di tutte, la sans par “la senza paragoni”.
L’amavano tutti a Firenze, anche Giuliano e Lorenzo de Medici.
Quando il dipinto fu realizzato, la sua breve vita, della quale abbiamo poche notizie, era già stata trasformata in un mito e le sue sembianze, idealizzate e trasfigurate in un’immagine estetica, erano conformi solo in parte a quelle reali.

Venere di Botticelli

Piero di Cosimo, Simonetta Vespucci come Cleopatra, 1480 circa, Museo Condé, Chantilly

Sappiamo che Simonetta era nata in Liguria, forse a Genova, nel 1453, dai nobili genovesi Gaspare Cattaneo della Volta e Cattochia Spinola e che a sedici anni sposò il coetaneo Marco Vespucci che la portò con sé a Firenze, introducendola alla corte dei Medici.
Tra gli intellettuali e i filosofi della cerchia di Lorenzo il Magnifico, si aggiravano anche alcuni artisti prediletti, tra i quali Botticelli, il quale riuscì ad intrepretare al meglio il neoplatonismo fiorentino che vedeva nei miti antichi l’anticipazione delle idee cristiane.
Sandro Botticelli dipinse Venere a Firenze, tra il 1482 e il 1485, su commissione di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, certamente ispirato dal poeta Agnolo Poliziano.
L’immagine della dea alla quale Botticelli donò le sembianze divinizzate di Simonetta fu una vera e propria creazione artistica, pensata per esprimere un’idea, non solo squisitamente estetica ma anche filosofica e politica.
L’aspetto fisico e le virtù della giovane donna, tanto amata anche perché la morte se l’era portata via senza guardarla in viso, sono state sintetizzate nella “perfezione ideale” e proiettate in un mondo ultraterreno, il regno di Venere, che, come il paradiso terrestre, simboleggia la forma più alta di vita, quella contemplativa.
Simonetta è solo un’idea, un essere al di là della natura, della storia e del tempo; è il modello supremo della “bellezza” neoplatonica.

Venere di Botticelli

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1482–1485 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

Venere è rappresentata sulla conchiglia, circondata da fiori rosa portati dai venti marini. È leggiadra, spinta dalle folate di Zefiro e Aura abbracciati, nel loro ultimo sforzo, quello che le permetterà di raggiungere la terra sulla quale l’aspetta la ninfa Ora che le viene incontro con il manto ricoperto di fiori, a ricordare l’imminenza della stagione più bella. I venti scoprono il suo corpo,  mentre la ninfa Ora lo riveste.
È pudica Simonetta e nasconde le parti intime del suo essere fisico.
Simonetta è Venere: è l’incarnazione di quell’humanitas, alla quale ogni uomo deve aspirare per elevare il proprio spirito.
Rappresenta l’amore umano, il più sublime, quello che appartiene alla dimensione dell’anima e permette alla nostra facoltà immaginativa e alle sensazioni di innalzarsi per produrre la bellezza del mondo materiale.
Venere è la forza motrice della vita che giunge a destinazione: un percorso di rinascita l’ha condotta sino qui. È un’anima in viaggio con il suo corpo.

Venere di Botticelli

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1482–1485 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

Botticelli ha catapultato Simonetta in una sfera immateriale nella quale la bellezza è lo splendore primario ed universale della divinità stessa. E così Simonetta, grazie a lui, è diventata un’immagine sacra, senza eguali.
Venere suscita incanto per quanto è bella, con i suoi lunghissimi capelli biondi dai riflessi rossi, in parte mossi dal vento. Sono legati in una coda che potrebbe arrivare ai suoi piedi se solo fosse sciolta.
Venere è la perla che giunge dal mare, nella conchiglia. Sembra di marmo ma i suoi occhi sono la vita, di un languido color nocciola.
Venere è Simonetta, la protagonista del mito. È la luce e la rinascita.
Ed è probabile che, per questo, dopo la sua morte, Lorenzo il Magnifico le abbia voluto dedicare un sonetto nel quale paragona i suoi occhi ad una stella che, con la sua luce, toglie la lucentezza alle altre stelle vicine, gareggiando con il sole.
Ed è certo che Botticelli, poco prima di morire, avesse chiesto di essere sepolto accanto alla donna nella Chiesa di Ognissanti a Firenze, nei pressi di uno degli altari della famiglia Vespucci dove anche lei era stata tumulata.